martedì 5 luglio 2011

Ognuno al proprio posto

“Guarda! Non chiudere gli occhi davanti al mondo.
Respira! Anche se l’aria è stantia.
Non aver paura, anche se il senso sfugge.
Senti solo la tua pelle, dove si proietta, quando è schiacciata.
Esiste solo il corpo ora, vivo. E’ il corpo a fare la differenza.
Chiudi gli occhi ora, non davanti al mondo, ma di fronte a te.
Fidati e abbandonati, so che non vuoi altro.”
“Non c’era nient’altro che la sua voce a guidarmi” avrebbe detto alla giuria.
Non sarebbe mai stata assolta. Aveva premeditato il gesto? Si, senza dubbio.
“Non ero in me, dovete credermi!” quasi un grido di aiuto.
Brusio sommesso della Corte d’Appello. Giuria popolare. Appellabile, ma senza pietà. Il giudizio dei pari.
“I pari che non avrebbero capito il gioco. I pari che nascondono i desideri. I pari che risolvono il piacere nel talamo coniugale, e tradiscono con imperitura malagrazia. I pari noiosi, uomini e donne risoluti nel negare la propria natura”. Lui guardava, testimone del desiderio e della condanna. Rideva, quasi, senza farsi vedere.
L’ultimo suo desiderio per lei. Lei l’aveva accettato. Un guinzaglio stroppo stretto, un gioco spinto troppo oltre. E l’ultima prova della schiava. La condanna, al posto suo.

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