venerdì 18 marzo 2011

Too much poison

La musica è polvere pirica. Ma sono le nostre emozioni a fare fuoco. È azione, impatto, movimento, corpo a corpo. È qualcosa che picchia contro la gabbia toracica, contro la scatola cranica, che grida dalle feritoie del nostro inconscio tutto il suo disperato bisogno di uscire allo scoperto. Di trovare il suo spazio e il suo tempo prescindendo dal nostro. È un modo per raccordare i nostri sentimenti più reconditi, la valvola di sfogo alla banale continuità del nostro esistere, la verità che assume la forma del paradosso. È il rimosso, il presagio, è tutto ciò che sappiamo delle nostre vite ma non riusciremmo ad ammettere neppure con noi stessi.

Per noi giovani il concetto di musica è un po’ cambiato rispetto ad altri tempi: essa non è più un’arte, ma un metodo per evadere dal nostro standard di vita. Oggi cerchiamo nella musica un mondo impossibile e irrealizzabile  per sottrarci dai dolori, dalle sofferenze, dai problemi, dalle difficoltà e dalle fatiche di ogni giorno. E’ ormai risaputo che noi adolescenti preferiamo scegliere la via più breve e più semplice; così ci rifugiamo nel mondo della musica che ci offre un riparo immaginario e intoccabile; ma non vogliamo viverla fino in fondo: ci piace sapere che è sempre disposta ad accoglierci, lei, il mondo migliore che tutti desideriamo, quando siamo oppressi dalla società contemporanea ipocrita, falsa e fondata sul consumismo. Noi non viviamo la musica ma la abitiamo soltanto perché ci entriamo senza conoscere l’ambiente e tutto ciò che lo circonda e ne usciamo quando ci fa più comodo, usufruendo di essa solo come un passatempo. La musica di adesso è legata molto alle etichette, al business e al consumismo che ci assorbe in tutti i modi possibili: dalla tv a internet, dai cellulari alle radio, che oggigiorno sono diventati parti integranti della nostra società. Penso che, in noi giovani, la passione per la musica non stia diminuendo, anzi, sta crescendo sempre più grazie anche alla tecnologia; forse sta cambiando faccia ma non sta entrando in un’epoca oscura per quanto riguarda il suo lato artistico; tuttavia credo che bisogna valorizzarla perché sta perdendo il vero senso per cui è nata: essere vissuta e compresa per arricchire la propria sensibilità interiore e la capacità di comunicare con gli altri in un linguaggio universale.

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